Son of clay, è il lavoro d¹esordio del giovane musicista/artista svedese Andreas Bertilsson, prodotto dalla Komplott. Trasferitosi a Berlino, per conseguire una borsa di studio in arte contemporanea, Bertilsson inizia a muoversi lungo i labili confini che separano la ricerca visiva da quella sonora attraverso la realizzazione di sculture ed installazioni sonore . Durante la primavera e l¹estate scorsa ha registrato e performato il materiale sonoro di Face takes shape (CD, Komplott, 2002), una meticolosa mappatura di rumori e suoni del suo appartamento; una sorta di autoritratto composto di undici istantanee sonore che traducono la sua intimità domestica in affascinanti e suggestive composizioni musicali. Nulla di nuovo, apparentemente, se si pensa alla musica concreta che ha attraversato gli ultimi cinquant¹anni, con la differenza sostanziale che queste ricerche, riemerse negli anni ¹90, hanno goduto di una rinnovata giovinezza e freschezza grazie alle ultime generazioni di musicisti che, avvalendosi dei media di registrazione e di editing digitali, ne hanno allargato e modificato la portata: da Oval a Fennesz, ai Matmos . Così, anche Bertilsson ha sviluppato una naturale predisposizione ad infondere nelle sue ³registrazioni sul campo² calore e piacevolezza formale: i cigolii della scala, le lievi vibrazioni degli appartamenti, il vento che lambisce il balcone sono rumori processati sul suo laptop e diventano un modo per riscattare le piccole cose e la banalità quotidiana. Campionamenti e registrazioni che perdono di riconoscibilità, per trovare forma e struttura in branitechno o in altri più suadenti e sostenuti da raffinate melodie e rarefazioni ambient.
