Blow Up May 07- Andreas Bertilsson - Paramount review
2007
Noto più che altro nei ristretti circoli delle competizioni e dei festival elettroacustici, Jean-François Laporte ebbe i classici cinque minuti di celebrità (beh, si fa per dire ...) nel 1997 quando una sua opera del periodo venne prescelta dalla Metamkine per apparire nella prestigiosa collana Cinéma pour l'oreille. Da lungo tempo fuori catalogo, quella composizione (Mantra, n.d.r.) viene ora ripubblicata nell'antologia in esame con un'altra serie di lavori che vanno da quello stesso anno fino al 2005 e che forniscono un quadro del ventaglio espressivo del compositore franco-canadese. Tempeste di field recordings, risonanze cave, miagolii lenti e circolari e sofisticate narrazioni concrete (come per l'appunto la riverberazione timbrica del continuo rimbombo mantrico di un refrigeratore per piste di pattinaggio impiegato nella sua partitura più conosciuta) rendono giustizia ad un autore che meriterebbe maggiore attenzione al di fuori del limitato ambito di riferimento. (7) Se di fatto "Soundmatters" è il primo album regolarmente in commercio per Laporte, "Paramount" è invece addirittura il quarto in pochi anni per lo svedese Andreas Bertilsson, benché i precedenti siano stati pubblicati con la sigla Son of Clay. Apparentemente funestate da tracolli digitali e manifestazioni di presenze indesiderate (passi, cigolii di porte, EVP etc.), le registrazioni sono state completate in luoghi differenti e con improvvisi mutamenti di modus operandi da parte dell'autore. Non che questo, realtà o mistificazione che sia, ne abbia granché modificato i termini estetici, un agile ed elegante assemblaggio di suoni acustici e naturali, field recordings, voci etc. esplicitato in misteriose emanazioni sub-Hafler